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Trento, 1 giugno 2015
ADDIO A LUIGI ZANZI CULTORE DELLE ALPI
Il ricordo di Marco Boato, già deputato e senatore
da l'Adige di lunedì 1 giugno 2015

Domenica mattina, mentre stavo tornando da Pescara, dopo aver partecipato a uno dei molti incontri che si stanno moltiplicando in varie città italiane in previsione del ventennale della morte di Alexander Langer (3 luglio 1995), mi giunge una telefonata di Loris Lombardini: «Marco, devo darti una tristissima notizia: è morto qualche ora fa il nostro amico Luigi Zanzi». Sapevamo che era da tempo ammalato e proprio un paio di settimane fa ci eravamo ripromessi di andarlo a trovare a casa sua, a Varese, dopo che innumerevoli volte era stato lui stesso a venire a Trento, in Trentino e in Alto Adige, dove aveva strettissimi rapporti di interesse scientifico e culturale e forti legami di amicizia, non solo con noi e molti altri, ma soprattutto con Reinhold Messner, sul quale aveva scritto libri di grande valore e del quale era nel tempo diventato il principale interprete della sua «cultura della montagna». «Montagna, una cultura da salvare. Incontri con Reinhold Messner all'Università di Pavia» si intitola un suo prezioso (anche nella veste grafica) volume edito già nel 1996.

Molto più recentemente, nel dicembre 2013, Messner e Zanzi avevano addirittura scritto a quattro mani un voluminoso libro-catalogo (corredato dalle foto del fratello Paolo Zanzi) sulla catena dei Musei promossi e realizzati da Messner: «Messner tracks, i musei dell'avventura. Un itinerario fotografico e filosofico» (Skira). Insieme avevano anche firmato la prefazione, in cui tra l'altro scrivevano: «Può sembrare strano che si parli di "filosofia" con riguardo alle avventure di montagna, che vengono ospitate nei racconti messi in scena in questi "teatri museali". La protagonista di queste avventure è principalmente la montagna stessa: e vorremmo che venisse capito il richiamo "filosofico", che in queste pagine viene insistentemente ripetuto, a farsi "cura" della montagna, per evitare che quella grande messe culturale, che l'uomo ha potuto cogliere nell'incontro con la montagna, venga irrimediabilmente perduta».

Luigi Zanzi amava il Trentino e il Sudtirolo. A Trento aveva molte volte collaborato col Festival internazionale della Montagna e anche con la Borsa internazionale del turismo montano. Moltissimi trentini, sia semplici cittadini sia operatori qualificati, rimanevano incantati ad ascoltare quest'uomo che filtrava, con grande semplicità e con una straordinaria carica di umanità, una immensa cultura storica, filosofica, antropologica, ecologica. 

Ancora nel 1988 aveva partecipato in Trentino alle celebrazioni del bicentenario delle Dolomiti e nel 2003 aveva pubblicato «Dolomieu: un avventuriero nella storia della natura» (Jaca Book). E sulle Alpi, tra i molti suoi scritti, resta un capolavoro insuperato il volume «Le Alpi nella storia d'Europa. Ambienti, popoli, istituzioni e forme di civiltà del mondo "alpino" dal passato al futuro» (Cda e Vivalda, 2004). Sullo stesso argomento, alcuni anni dopo, aveva intrattenuto per quattro ore i partecipanti alla «Scuola di formazione politica e culturale Alexander Langer» il 28 maggio 2011, nel palazzo della Regione a Trento. Lo stesso Messner aveva scritto nella prefazione a questo libro: «Tutti, e soprattutto coloro che fanno politica, dovrebbero capire che non c'è tempo da perdere, se vogliamo salvare tutta una cultura, che è fondamentale per una rinascita futura». E nel 2012 Zanzi aveva poi pubblicato, con Luigi Cavalli Sforza, anche «Civiltà alpina ed evoluzione umana» (Jaca Book), a cui da ultimo, pochi mesi fa, aveva aggiunto il «Trittico alpestre» (Hoepli, 2015), dedicato alle interpretazioni della montagna in letteratura (Petrarca e Dante) e nella pittura (Cézanne). Una produzione poderosa (per non ricordare i precedenti libri sui Walser e sul Monte Rosa), di cui continuavo a stupirmi con lui, sapendolo in lotta contro la malattia, ma comunque sempre al lavoro, instancabile, quasi a voler lasciare al massimo livello la sua eredità scientifica e anche spirituale.

Pochi, forse, sapevano in questi anni in Trentino quale straordinario sottofondo scientifico, epistemologico e culturale avessero le elaborazioni di Luigi Zanzi, anche perché era tanto prolifico nella sua produzione saggistica, quanto riservato e modesto nel presentarsi, come è del resto proprio delle personalità davvero grandi, che non hanno mai bisogno di «auto-incensarsi». Ma ora che purtroppo è scomparso a meno di 77 anni (era nato il 20 settembre 1938), è giusto ricordare che aveva insegnato per decenni prima all'università di Genova e poi a quella di Pavia «Metodologia delle scienze storiche», materia alla quale ha dedicato innumerevoli libri e saggi, alcuni pubblicati anche di recente, come «Per una concezione storico-fattuale del tempo» e come «La creatività storica della natura e l'avventura dell'uomo» (entrambi Jaca Book, 2014), nel quale ultimo si era misurato con le elaborazioni teoriche del grande chimico-fisico Ilya Prigogine, che aveva conosciuto e col quale aveva collaborato personalmente.

E pochi conoscono altri due aspetti della sua personalità scientifico-culturale e anche politica. In occasione dei cinquecento anni dalla pubblicazione del «Principe», ha pubblicato per Il Mulino un tomo di novecento pagine, intitolato «Il metodo di Machiavelli» (2013), col quale ha inteso dimostrare che Machiavelli non fu soltanto il fondatore primo dell'«arte dello stato», ma che fu anche artefice di un «metodo» (che Zanzi definiva «naturalistico-storico») adeguato a fare della politica propriamente una «scienza». E Luigi Zanzi stesso aveva avuto una sua propria «militanza» politica insieme al grande europeista Altiero Spinelli, di cui era stato al tempo stesso amico e discepolo nel «Movimento federalista europeo», del cui comitato centrale aveva anche fatto parte. Memore di questo impegno «federalista», quasi a lasciare una propria testimonianza ed eredità ideale con l'aggravarsi della malattia, Luigi Zanzi aveva pubblicato nel 2014 un volume di oltre seicento pagine: «Il federalismo e la critica della ragion politica. Per un "altro" futuro dell'Europa e dell'umanità», che, sperando tuttavia ancora in una guarigione, si era ripromesso di venire a presentare a Trento e Bolzano, essendo profondamente insoddisfatto delle vicende politiche europee degli ultimi anni. Conservo numerose sue lunghe e belle, ma anche drammatiche, e-mail in occasione del dibattito sulle ultime elezioni europee.

Con Luigi Zanzi, insieme a Loris Lombardini e pochi altri «italiani», ci eravamo visti di persona l'ultima volta il 13 settembre 2014, in occasione dei 70 anni di Messner. Eravamo andati tutti alla «Geisler Alm», a duemila metri, ai piedi delle Odle, con centinaia di alpinisti e amanti della montagna sudtirolesi e di tante parti del mondo (c'erano anche Luis Durnwalder e Arno Kompatscher). Una serata stupenda, quasi «stregata» dall'incanto della natura e delle tanto amate Dolomiti. Luigi, già minato dalla malattia, non aveva voluto comunque mancare, con sua moglie Laura, ed aveva dimostrato come sempre una vitalità straordinaria. Poi tanti scambi di riflessioni e messaggi, che in lui non erano mai banali e rituali. Ma all'ultimo, un mese fa, in modo inconsueto non aveva più risposto. Un triste presentimento, che purtroppo ieri ha trovato conferma. Addio Luigi, uomo colto, trasparente e integro, carico di scienza e di umanità. Il Trentino e l'Alto Adige perdono un amico grande e sincero, lucido e appassionato. Che la terra sia lieve sopra di te, quando oggi alle 14 ti daremo l'estremo congedo in quella Badia di Ganna, che tanto amavi.

Marco Boato
già deputato e senatore

 

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